LA STRATEGIA IMPOSTATA DALL’UNIONE EUROPEA
Guerra alla plastica, dal mare alle spiagge
Entro il 2030 dovranno essere riciclabili o riutilizzabili tutti i nuovi imballaggi e almeno la metà dei rifiuti in plastica dovrà avere una seconda vita
La guerra a un mondo di plastica ormai è partita. Ed è una guerra tutto campo per arginare la quantità prodotta all’anno nel mondo, che è di 322 milioni di tonnellate, di cui 8 finiscono negli oceani.
La plastica rappresenta l’85% dei rifiuti marini e dal 2050, secondo la Ellen McArthur Foundation, con questi ritmi potrebbe superare la quantità di pesci nei mari.
Della crociata si è fatta paladina l'Unione europea, promotrice di un'economia circolare, con una nuova strategia di azione approvata in gennaio dalla Commissione europea e sulla quale governi, istituzioni e imprese si stanno ora misurando. L’obiettivo della Ue qual e ̀? Quello di rendere riciclabili o riutilizzabili entro il 2030 tutti gli imballaggi di plastica immessi nel mercato e di riciclare almeno il 50% dei rifiuti plastici generati in Europa. Dando, inoltre, una seconda vita in forma di prodotto ai materiali raccolti (si parla di almeno 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata che a partire dal 2025 dovranno trovare una collocazione di mercato) e stimolando, anche attraverso un apposito fondo, l’innovazione nel settore, per migliorare la qualità oltre che la quantità di quanto recuperato.
Nell’Unione meno del 40% degli imballaggi di plastica oggi vengono riciclati (dati 2014) contro il 15% a livello mondiale. In Italia siamo al 43% (dati Corepla) ma con gravi emergenze, ad esempio in mare. A cominciare dall'arcipelago toscano, dove il Cnr ha isolato il più imponente vortice di microplastiche del Mediterraneo occidentale, con picchi di concentrazione pari a 10 chilogrammi per chilometro quadrato. E sui tanti chilometri di spiagge della nostra penisola. Dall’inizio dell’anno a oggi, i volontari di Legambiente ne hanno pulite almeno 500, rimuovendo circa 180 mila tra tappi e bottiglie, 96 mila cotton fioc e 52mila tra piatti, bicchieri, posate e cannucce di plastica.
Il 70-80% dei rifiuti marini (marine litter) è generato proprio da questi prodotti monouso, una decina i principali, e dagli attrezzi da pesca persi o abbandonati.
La Ue, in maggio, ha proposto nuove norme per gli "usa e getta" di plastica, vietando entro due anni dal varo della direttiva (al vaglio ora di Parlamento e Consiglio d'Europa) la vendita di bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini – per i quali esistono già valide alternative – mentre per assorbenti e salviette umidificate, ad esempio, difficili da sostituire, si dovrà provvedere a scrivere in etichetta che producono un impatto negativo sull'ambiente.
Ce n'è anche per i contenitori di bevande, che entro tre anni dalla pubblicazione della direttiva saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi rimangano attaccati, e per i contenitori di alimenti, scatole e vassoi per il fast food, oggetto di una importante riduzione nell'arco di 6 anni. Verranno istituiti, inoltre, regimi di responsabilità estesa dei produttori per i prodotti in plastica monouso immessi nel mercato dell’Unione europea. Infine, entro il 2025 gli Stati membri dovranno raccogliere annualmente il 90% delle bottiglie di plastica monouso immesse sul mercato.
La futura direttiva, secondo Bruxelles, eviterà danni ambientali che costano agli europei 22 miliardi di euro e farà risparmiare 6,5 miliardi di euro ai consumatori, abbattendo di 3,4 milioni di tonnellate le emissioni di Co2. Restrizioni sì, ma anche incentivi, che secondo i legislatori faranno bene all'economia e che riguardano la ricerca, l'innovazione e l'ecodesign per poter creare imballaggi più sostenibili.